Bottidda (Bòtidda in sardo) è un comune italiano di 760 abitanti della provincia di Sassari, che si trova a 396 metri sul livello del mare nella regione del Goceano, è situato ai piedi del Monte Rasu e a ridosso del Colle ''Sa Corona'', il cui nome deriva da un nuraghe situato sulla sua sommità. Ha un territorio vasto circa 3300 ettari di cui 430 appartengono al demanio forestale e 220 a quello comunale. Qualche tempo fa la popolazione era particolarmente dedita all'agricoltura, specie quella viticola, ma il forte calo demografico e le varie crisi che hanno investito le campagne hanno ridotto la produzione. Bottidda, grazie alla sua naturale collocazione, gode di una disposizione ordinata dell'agglomerato urbano. Questo anche grazie alle numerose piazze circondate dal verde e abbellite da alcuni murales, realizzati da artisti sassaresi.
Adagiato in posizione pianeggiante, a 396 m.s.l.m, ai piedi del colle detto Su Monte ‘e sa Corona, Bottidda offre al visitatore una vista particolarmente suggestiva, per la presenza a ovest dell'imponente rocca granitica su cui si erge maestoso il Castello del Goceano.
Il nome Bottidda deriva dall'antica denominazione del villaggio, che in origine si chiamava Gocille, alcuni studiosi sostengono la tesi che in origine esso sorgesse sulla vicina collina di Su Pizzu, ma tali affermazioni appaiono allo stato attuale infondate, in quanto, in nessuno dei più conosciuti trattati sulla Sardegna viene confermata tale ipotesi e non esiste alcun segno visibile che lasci spazio a qualche dubbio, risulta , pertanto, più autorevole affermare che il paese sia sempre stato nell'attuale posizione geografica; da Gocille si sarebbe passati a Gotille, Botille, Botilla, Botidda, fino all'odierno Bottidda. Poche le testimonianze del passato all'interno dell'abitato: la chiesa di Santa Maria degli Angeli (1606-1622), nota anche come chiesa di Sant'Antonio, la chiesa parrocchiale della Beata Vergine del Rosario(1860), e solo qualche esempio della tipica abitazione locale.
Favorito dalla sua posizione, il centro si è sviluppato negli ultimi anni lungo l'asse della provinciale per Bono, arricchendosi di belle costruzioni che rompono con la tipologia abitativa classica dei paesi del Goceano. Numerose e ben curate le piazze, con molto verde attorno e, alcune di esse, abbellite da murales dipinti da apprezzati artisti sassaresi.
Presentazione
- Comune: Bottidda
- Provincia: Sassari (SS)
- Regione: Sardegna
- Località e frazioni: Pellegrina, Sas Molas, Su Crabione, Tanca 'e Pedde, Pedras Ruias, Su Castannarzu, Caramaùrpes, Sos Porchiles, M.Azzola de Ottiana, Pala sa Cuana, Su Miuddinu, Sa Pala 'e sa Trae, Sa Melabrina, Nodu Lierri, Campone, Cannarzeddos, Sa ucca 'e Padronu, Basiledddu, Morusa, Sa Pedra Lada, Su Eddatu, Su Cantaru, Muselighes, Su Furraghe, Pala 'e Rughes, Nuraghes, Cuccuru 'e Mauru, S'Ispinarva, Su Ludosu, Orùscula, Riu Sauccu, Ispirinei, Serra Pedrosa, Baddu 'e Mola, S'Eremarzu, Catturiu, Pasciarzu, Badu Erveghes, Badu 'e Orrios, Marrada, Tipari, Mannaulacche, Su Pedrosu, Mavoddi, Perrozzi, Bantine Longu, Corra Cherbina
- Enti di appartenenza: Comunità Montana Goceano, Regione Agraria n. 7 - Colline dell'Alto Tirso
- Popolazione residente: 756
- Denominazione abitanti: bottiddesi
- Codice Istat: 090016
- CAP: 07010
- Prefisso telefonico: 079
- Santo Patrono: Madonna del Rosario
- Festa Patronale: 7 ottobre
- Altitudine: 396 metri s.l.m.
- Superficie: 33,83 Kmq
Abitanti
Bottidda (396 m.s.l.m) conta oggi (ottobre 2004) 779 abitanti e il suo territorio si estende per 3.336 ettari (430 demanio forestale 220 demanio comunale).
Confrontando i dati demografici con quelli riportati nel 1833 da Vittorio Angius, nel Dizionario Geografico storico del Casalis, colpisce la differenza di appena 109 abitanti in più rispetto ai primi decenni del '800.
Di fatto Bottidda ha avuto nell'arco degli ultimi due secoli una sensibile crescita demografica (811 nel 1880; 840 nel 1884 fino a circa 1200 negli anni '50 del secolo scorso), per poi ridursi gradualmente in seguito al fenomeno dell'emigrazione.
Storia
L'origine di Bottidda si perde nella notte dei tempi. Secondo alcuni studiosi il centro potrebbe essere stato fondato dai greci, come primo agglomerato urbano dell'Alta Valle del Tirso, col nome di Gocille: era questa, infatti, l'antica denominazione di Bottidda.
La sua ubicazione originaria era, però, più a occidente, nel colle di Su Pitzu, conosciuto anche come colle di Sant'Istevene, dove a testimonianza del passato erano visibili, fino a qualche hanno fa, i ruderi di una piccola e antica chiesa, dedicata appunto a Santo Stefano.
Si suppone che gli abitanti di Gocille siano scesi più a valle, nell'attuale posizione ai piedi del Monte Corona, soltanto intorno al secolo XV. Nel nuovo agglomerato urbano la popolazione costruì nuove chiese, quelle di Santa Maria (dove oggi sorge la chiesa parrocchiale della Beata Vergine del Rosario), Santu Raffallu, Santu Bonifassiu, Santu Nigola, Santa Rughe, Santu Pedru, Santu Juanne(su cui sorge la chiesa di S.Maria degli Angeli).
Raggiunta una certa importanza, per aver esteso il suo influsso commerciale a tutta la vallata, il nome di Gocille si identifica gradualmente con tutto il territorio dell'Alta Valle del Tirso, per cui l'insieme dei villaggi sorti via via nella zona venne denominato Goceano.
Nella prima metà del secolo XII la rocca di Gocille attirò l'attenzione dei Giudici di Torres che, nel 1131-1133, vi costruirono il Castello del Goceano.
L'importanza assunta da Gocille in epoca medioevale è confermata anche dalla presenza nel suo territorio di due conventi francescani: uno edificato a Monte Rasu nel 1220, ancora accessibile e che risulta essere il primo convento francescano in Sardegna e l'altro (1640) alla periferia del centro abitato, di cui resta a testimonianza la chiesa di S.M. degli Angeli.
Tradizioni
A conferma delle sue antiche origini, Bottidda conserva ancora oggi riti, usanze e tradizioni del passato, che la caratterizzano particolarmente. Risalgono, infatti, ad epoca precristiana i suggestivi riti in onore di Sant'Antoni 'e su fogu, che si ripetono ogni anno il pomeriggio del 16 gennaio, con il coinvolgimento di tutta la popolazione e la partecipazione di un gran numero di persone provenienti da altri centri dell'isola. Con la rituale accensione dell'unico maestoso falò sormontato dalla tradizionale croce di arance, hanno inizio i festeggiamenti in cui si mescolano il sacro e il profano.
Dopo la celebrazione della santa messa nell'antica chiesa di Santa Maria degli Angeli, un cavaliere con l'Ardia (pane azimo decorato e colorato di giallo) e lo stendardo di sant'Antonio abate guida la processione dei fedeli fino alla vicina piazza dove arde su fagarone, intorno al quale, dopo la solenne benedizione del fuoco, ha inizio il suggestivo rito pagano di S'inghiriu de su fagarone. Il cavaliere compie sei giri propiziatori attorno al falò (tre in senso orario e tre in senso anti orario), seguito poi da numerose persone che, con cesti di Tilicas (tipici dolci di sapa) e fiaschi di vino novello, in adempimento a personali promesse votive, ripetono lo stesso rituale, con grande partecipazione della folla. Dopo il taglio dell'Ardia (distribuita in segno benaugurale ai presenti) e delle Tilicas, inizia la degustazione dei dolci e del vino. Da circa un quarto di secolo, un comitato si fa carico di organizzare i festeggiamenti e offre a tutti i partecipanti la cena a base di carne suina.
Risale, invece, al periodo della dominazione spagnola il rito paraliturgico di s'iscravamentu, nel quale viene rappresentata la deposizione di Cristo dalla Croce. Nella sacra rappresentazione viene utilizzato un Cristo ligneo del XIII secolo, donato forse dai francescani o dai ''Signori'' del vicino Castello del Goceano.
In concomitanza con i riti della settimana santa si preparano sas casadinas e sa tumballla, dolci tipici della Pasqua.
Si tramandano da tempo immemorabile le questue di su morti morti e su candhelarzu, che ogni anno, rispettivamente il 1 novembre e il 31 dicembre, coinvolgono tutti i bambini di Bottidda. Ciascuno con il tradizionale sacco di tela bianca, i giovanissimi questuanti attraversano cantilenando tutto il paese per ricevere in dono frutta secca e dolci tipici di questo periodo dell'anno: papassinos e cozzulos.
Altra ricorrenza tradizionale tipica di Bottidda è la festa di Nostra Signora 'e Su Zichi, celebrazione religiosa durante la quale si benedice il pane zichi che, in adempimento a promesse votive, viene poi distribuito a tutti i partecipanti. Tra i prodotti tipici, oltre alle molteplici varietà di dolci, si prepara ancora presso le famiglie su pane fresa, detto in italiano carta da musica, prodotto anche per il
commercio da due forni locali.
Nel panorama folcloristico isolano, si distingue l'antico costume di Bottidda, soprattutto per l'unicità del copricapo femminile, composto da due elementi: su mucadore e sa tiazola. Mentre il costume maschile non si discosta molto da quello in uso in vari centri della Sardegna, quello femminile presenta una inconfondibile arcaicità nelle varie parti che lo compongono e per essere indossato richiede da mezz'ora a tre quarti d'ora di tempo. Sopra sa camisa (la camicia), finemente lavorata e rifinita con pizzo, a ricoprire il busto ci sono su corittu e s'imbustu, mentre la gonna di panno nero è plissetata, con una balza di seta colorata e coordinata con sa farditta (grembiule). Adornano il costume le spille d'oro sul copricapo, i bottoni d'oro della camicia e i bottoni d'argento nelle maniche di su corittu. L'antico costume viene ancora oggi indossato da alcuni giovani in occasione delle feste tradizionali.
Ambiente
Un'attrattiva di grande interesse viene dall'ambiente piuttosto variegato: colline, montagna, pianura, fiume e laghetti, facilmente raggiungibili attraverso una fitta rete di strade e sentieri.
La montagna è ricca di lecci, querce, castagni, sorgenti perenni e selvaggina. Tra la diffusa presenza di piante secolari emerge su tutte il maestoso olivastro millenario, che a valle, sulla riva sinistra del fiume Tirso, si erge di fronte al nuraghe S'Orculana. Uno dei più antichi esemplari della Sardegna e dell'Europa, sopravvissuto all'oltraggio delle intemperie e degli incendi boschivi. Il suo impatto visivo raggiunge il massimo livello solo ad una vista ravvicinata, infatti i suoi 14 metri di circonferenza alla base e i 10 metri al tronco, stupiscono il visitatore.
Merita di essere visitato, e non solo per il suo incantevole aspetto paesaggistico, il Monte Rasu che, a oltre 954 m. di quota, ha visto nascere il primo convento francescano dell'isola. Costruito nel 1220, fu sede, infatti, dei francescani (Minori Osservanti prima e Minori Conventuali poi) che, chiamati da Mariano II, si stabilirono nel territorio di Bottidda, operandovi a lungo, costruendo inoltre verso il 1580 anche un altro convento alla periferia del centro abitato, di cui oggi resta soltanto la chiesa di Santa Maria degli angeli. Il convento di Monte Rasu, che necessita oggi di adeguati interventi di restauro, esercita ancora un fascino particolare per la sua lunga storia, ma soprattutto per aver ospitato dal 1237 al 1250 il Beato Giovanni Parenti, compagno di S. Francesco e primo Generale dell'Ordine, deceduto proprio a Monte Rasu nel Gennaio del 1250 e sepolto nella piccola chiesa annessa al convento. Dopo il decreto di chiusura del 1769, i frati lasciarono il convento che, passato nel 1855 alla Cassa Ecclesiastica, venne venduto a privati nel 1860 e adibito a casa colonica. Nel 1927, in occasione del 7° centenario della morte di S.Francesco, il nuovo proprietario, Pellegrino Giannasi, fece restaurare la chiesetta che, restituita al culto dal Vescovo di Ozieri, divenne nuovamente meta di pellegrinaggio per un gran numero di fedeli del Goceano e di altre aree della Sardegna. Ancora oggi numerosi pellegrini vi si recano puntualmente il 2 agosto, ricorrenza della Porziuncola o Perdono di Assisi, e il 4 ottobre, festa di San Francesco.
Archeologia
Oltre che per la peculiarità delle sue tradizioni, Bottidda ben si inserisce in un circuito di turismo interno per la presenza nel suo territorio di interessanti testimonianze storico archeologiche. Sono, infatti, una ventina i nuraghi che, seppure in parte semi diroccati, testimoniano la presenza umana in epoca assai remota.
Tra quelli meglio conservati figurano i nuraghi di S'Orculana, Sa Corona, Mastru Porcu, Orrios, Sa Pietade, Ortivai, Su Pasciarzu. Di particolare interesse sono le tombe dei giganti di Sa Corona e su Pasciarzu, rinvenute nei pressi degli omonimi nuraghi.
Appuntamenti
- 16 Gennaio si festeggia S.Antonio Abate;
- 1 Maggio tradizionale passeggiata ecologica;
- 2 Agosto a M.Rasu si festeggia la Porziuncola.